Passa ai contenuti principali

Il Narcisismo è un fenomeno sociale?





La parola narcisismo oggi è molto utilizzata, a volte abusata, il fatto che se ne parli (articoli giornalistici, specialistici,  servizi televisivi, talk- show, rubriche dedicate)    induce a  considerare che il problema esiste ed è diffuso più che mai.

Il dato tangibile che se ne straparli  sottolinea un  bisogno, la sete di conoscenza,  associato allo smarrimento e alla sofferenza  di chi il narcisismo lo subisce o crede di subirlo   non sa riconoscerlo e ne rimane vittima. 

Intercetto un bisogno psicologico dilagante su questo tema, intriso di complessità e allora corro il rischio di trattarlo brevemente e provocatoriamente ,  conscia  di non essere esaustiva perché convinta sostenitrice  della complessità del tema.

Innanzitutto voglio suggerirvi un tragitto macchinoso  e  impegnativo  con l'obiettivo di nutrire e alimentare  la  vostra consapevolezza    di questo misterioso, antico e al contempo modernissimo  universo del narcisismo.  

Partiamo dal significato che ne da un  vocabolario autorevole come il Treccani: Tendenza e atteggiamento psicologico di chi fa di sé stesso, della propria persona, delle proprie qualità fisiche e intellettuali, il centro esclusivo e preminente del proprio interesse e l'oggetto di una compiaciuta ammirazione, mentre resta più o meno indifferente agli altri, di cui ignora o disprezza il valore e le opere".

La definizione ci serve per guidarci in  una direzione che ci offre una demarcazione  e cioè ci indica un narcisismo sano e uno patologico.

Se leggiamo in maniera paradossale e onesta questa definizione  tutti siamo narcisisti, o meglio ciascuno di noi troverà una collocazione nello spettro narcisistico o meglio ancora  per utilizzare un termine esemplificativo di  un eminente studioso del fenomeno Vittorio Lingiardi un arcipelago.
Suggerisco la lettura del suo ultimo libro,  pubblicato quest'anno  dal titolo: Arcipelago N. Variazioni sul narcisismo , un libro ricco di spunti di riflessioni sul tema in oggetto, edito da Einaudi.

Il problema reale è che questa linea di demarcazione tra il sano e patologico oggi è sottile, complicata, ambigua non facile  a volte da decifrare. 

E allora?  Accogliere la complessità del fenomeno significa non incasellarlo  e riconoscere, innanzitutto, i  tratti narcisistici che sono in ognuno di noi. Secondariamente, dare ospitalità all'idea che le radici del narcisismo non possono essere ricondotte solo esclusivamente alle dinamiche familiari ma alimentate da un contesto sociale  che riflette una  variopinta società sempre più con delle quote  egocentriche.

Nota per i più curiosi :il termine Narcisismo nasce dal mito di Narciso cliccate qui per vedere un racconto che ne fa il grande Luciano De Crescenzo






Commenti

Post popolari in questo blog

Aspettative: mettere a fuoco ciò che conta davvero

 “ " Liberarci dalle aspettative degli altri, per restituirci a noi stessi.” Queste parole della scrittrice americana Joan Didion sembrano racchiudere un segreto antico e potente, che riecheggia in ciascuno di noi quando ci troviamo intrappolati nel labirinto di ciò che dovremmo essere . È un invito, quello della  Didion, a ritornare al nucleo della nostra autenticità, a spezzare quelle catene invisibili fatte di approvazioni, giudizi e standard che, silenziosamente, ci allontanano da noi stessi. Le aspettative sono ingannevoli. All’inizio sembrano una bussola, un faro che ci guida verso ciò che desideriamo. Ma troppo spesso, anziché essere una forza propulsiva, diventano una trappola emotiva. Ci ritroviamo a inseguire ideali irrealistici, pensando che la felicità sia un premio da guadagnare, qualcosa che ci aspetta dopo . Dopo un successo, dopo un cambiamento, dopo un traguardo. E così, anziché vivere il presente, ci immergiamo in un continuo rimandare, inseguendo un’asticel...

Sempre la stessa scena: la vita nei circuiti invisibili dello schema

  "Porto addosso tutte le ferite delle battaglie che ho evitato". Fernando Pessoa coglie in queste parole una verità silenziosa e potente. Quelle battaglie che non abbiamo combattuto – per paura, per mancanza di strumenti, per amore – ci segnano comunque. Restano dentro di noi come impronte invisibili, trasformandosi in schemi disfunzionali: modi ripetitivi di pensare, sentire e reagire, che ci fanno inciampare sempre nello stesso punto, anche quando cambiano i luoghi e i volti. Questi schemi nascono quando, nell’infanzia, bisogni fondamentali come l’accoglienza, la protezione, la validazione o l’autonomia non vengono soddisfatti. In quei vuoti, impariamo strategie di sopravvivenza: essere perfetti per meritare amore, controllare per sentirsi al sicuro, annullarsi per essere accettati. Con gli anni, quelle strategie diventano copioni interiori che plasmano le nostre relazioni e il nostro modo di percepirci. Beck li ha chiamati “schemi cognitivi negativi”, Young li definisce...

Giustificarsi: la prigione invisibile del giudizio altrui

Nella ricerca continua di comprensione e approvazione, giustificarsi è diventato un riflesso, un tentativo costante di difendere la propria identità. Spesso, però, ciò nasconde una complessità psicologica legata al nostro bisogno di accettazione, persino da parte nostra. Giustificarsi è come aprire la porta al giudizio altrui, costruendo una prigione invisibile fatta di spiegazioni non richieste e ansie silenziose.  Perché sentiamo l’esigenza di giustificarci? Non si tratta solo di difenderci; in realtà, spesso cerchiamo di rassicurarci rispetto all'immagine che temiamo non venga accettata. Giustificarci diventa così una risposta al timore di essere giudicati o di non essere abbastanza, generando un circolo di vulnerabilità. C’è differenza tra spiegare e giustificarsi: mentre spiegare è comunicare con chiarezza, giustificarsi è una reazione all’ansia di giudizio, un doppio legame in cui, più cerchiamo di dimostrare la nostra innocenza, più sembriamo colpevoli. Una metafora calzante...