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Imparare a dire no è una competenza che i genitori possono imparare?


                             

Le due parole più brevi e più antiche, il si e il no, sono quelle che richiedono maggior riflessione, asseriva il filosofo e matematico  Pitagora vissuto nel VI sec a.C.

Il coraggio di dire no  si apprende  e consta essenzialmente nell'uscire da un circolo vizioso di dubbio, perplessità  paura e senso di colpa. Crediamo di non saper dire di no, mentre in realtà lo sappiamo fare benissimo; se non l' abbiamo ancora fatto è a causa di un'unica persona: noi stessi!

Partiamo da una prospettiva rinnovata e cioè che i no danno ai figli dei limiti ma anche dei punti di riferimento e al contempo da un osservazione alquanto curiosa, il no coincide generalmente con una delle prime parole che il bambino acquisisce dopo mamma e papà e con il passare degli anni si trasforma nella parola più difficile da pronunciare. Scrupolo, imbarazzo, riluttanza, sono alcuni dei motivi , peraltro non unici, a questi si possono aggiungere la paura di ferire l'altro di essere rifiutato abbandonato o addirittura sfiduciato.

Risulta pratico a questo punto un atteggiamento paradossale chiedersi : perché dire sempre si?

Presupposto dell'importanza di imparare a dire no è convincersi prioritariamente che le limitazioni non sono privazioni ma argini alle azioni, confini e pause utili.

Innanzitutto cerchiamo di stimare il nostro “no e sforziamoci di metterlo in atto in quanto se siamo genitori dobbiamo, in teoria, ottimizzare le nostre azioni, in pratica, prediligere il benessere a lungo termine dei nostri figli. Quando dichiaro  benessere a lungo termine mi riferisco all'atteggiamento genitoriale comprovato come il più sano, quello in cui non s'interviene troppo in fretta facendo in modo di rimuovere gli ostacoli per semplificargli (a nostri figli) la vita, ma di lasciarli liberi di fare fronte alle avversità e soprattutto di dargli fiducia nella risoluzione di un qualsivoglia problema.

E' utile “pensarci” (anch'io faccio parte di questa comunità),come allenatori e non soccorritori. Allenare non è un compito semplice: occorre essere in grado di miscelare qualità tecniche, tattiche, educative e comunicative. Il compito dell'allenatore è quello di fornire un obiettivo che sia impegnativo e nel contempo raggiungibile. Proprio l’identificazione degli obiettivi è uno dei punti chiave per stimolare la motivazione e migliorare le prestazioni. Al contrario il soccorritore è colui che opera in situazione di emergenza, “del già accaduto” in poche parole agisce in situazioni di aiuto.

Ma le vicissitudini fanno parte della vita, e solo “vivendoli” i NO i nostri figli potranno rafforzare quelle capacità di adattamento di cui avranno bisogno più avanti. Ragion per cui, anche se sembra di far loro un favore ( dire di si), in realtà non stiamo facendo altro che rallentare  il loro sviluppo. Saper dire No ai nostri figli è utile soltanto quando è il momento giusto, ed è tale quando si riesce a essere e sentirsi responsabili dell'educazione dei figli con l' assoluta consapevolezza che quel “No” motivato è condizione necessaria per lo sviluppo equilibrato della loro personalità . Il segnale dell'acquisita competenza a dire no ai proprio figli si verificherà quando il genitore oltre ad intercettarlo riuscirà a dare ospitalità ad un proprio stile educativo, appropriandosi della possibilità di negare e di concedere non solo in maniera più consapevole ma anche più funzionale.

Commenti

Unknown ha detto…
Amica, Ottime declinazioni del NO,verissime....ogni giorno cerco di indossare la maglia da allenatore.. e scendo in campo ..Utilissimi consigli
Unknown ha detto…
Condivido pienamente...costruire un ponte per i figli che gli consenta di saltare ogni ostacolo non significa fare loro del bene. Il compito di ogni genitore a mio avviso è fornire loro gli strumenti adatti che gli permettano di oltrepassare il guado in autonomia

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