Il filosofo contemporaneo Byung-Chul Han , nel recente libro (febbraio 2021) edito da Einaudi, La società senza dolore scrive che noi "viviamo in una società della positività che tenta di sbarazzarsi di tutto ciò che è negativo. Oggi il dolore viene privato di qualsiasi possibilità di espressione : viene condannato a tacere. La società palliativa non permette di animare , verbalizzare il dolore facendone una passione. La società palliativa è una società del mi piace, che cade vittima della mania di voler piacere a tutti i costi Ogni cosa viene tirata a lustro finché non suscita approvazione. Il like è l 'emblema , il vero e proprio analgesico della società. Non domina solo i social media , ma anche tutti gli ambiti della cultura. Nulla deve far più male. Non solo l'arte, ma anche la vita stessa deve essere instagrammabile , ovvero priva di angoli e spigoli, di conflitti e contraddizioni che potrebbero provocare dolore. Ci si scorda che il dolore purifica, emana un effetto catartico. Alla cultura della compiacenza manca la possibilità di catarsi. Per cui si soffoca tra le scorie della positività che vanno accumulandosi sotto la superficie della compiacenza".
La visione attenta, tagliente e meticolosa offertaci dallo studioso filosofo coreano, rimane una lettura che condivido con voi cari lettori. Il dolore, si caratterizza come un' esperienza "indicibile" che ci segna e che ci svela la nostra vera natura, ossia una condizione di fragilità. Non essere consci di questa traiettoria mentale, ovvero accogliere e riconoscere le nostre debolezze ci ostacola e ci indirizza in una rassicurante finta sicurezza che si trasforma in una gabbia , perché è solo attraverso il dolore che si apre il mondo.
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Egle Calamia