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Quante volte ci è capitato di dire e ridire a noi stessi di essere stressati , e quante volte inseriamo di default questo termine nelle nostre discussioni? Una sorta di denuncia pubblica che ci autentifica in un determinato modo: stressati.
L'intento di questo articolo è duplice: da un lato cercherò di rettificare l'immagine negativa associata allo stress, dall'altro delineerò la storia di questo termine al fine non solo di rivendicarne una chiara definizione delle declinazioni che lo contraddistinguono ma anche specificarne il suo volto poliedrico e preciso.
La parola stress, venne introdotta per la prima volta in biologia ben 86 anni fa , dal fisiologo statunitense Walter Bradford Cannon considerato il padre della medicina psicosomatica, ma fu il medico austriaco Hans Selye ( 85 anni fa), a identificare e descrivere la Sindrome Generale di Adattamento e a effettuare ricerche sullo stress che lo hanno portato a definirne le diverse tipologie .
Dal linguaggio medico il termine stress è passato repentinamente all’uso quotidiano e corrente, a rilevare più comunemente la tensione nervosa, il logorio psicofisico causato specialmente da un ritmo di vita troppo intenso. Da qui nasce la famosa formula colloquiale intramontabile e sempre di moda : che stress!!
Oggi, l'aggettivo stressante è tra i più abusati nelle nostre comunicazioni quotidiane, e lo utilizziamo per spiegare e giustificare le più svariate forme di malcontento e di malessere.
Ma ritorniamo al nostro Hans Selye che asserì che : " lo stress è la vita" , poiché rivendica il valore dello stress e introduce la connotazione che noi stessi ne possiamo dare che non è soltanto negativa ma anche positiva.
Lo stress può essere positivo quando, ad esempio, facilita la concentrazione per un esame oppure quando dobbiamo fare fronte a un nuovo lavoro o quando prendiamo parte ad una gara sportiva. In questi casi, viene definito stress positivo o eustress, ossia quando è costruttivo e ci aiuta a reagire nel corretto modo agli stimoli ambientali e confluisce verso il benessere.
Lo stesso Selye asseriva che "una vita senza stress sarebbe piatta".
A titolo esemplificativo, quando ci impegniamo per raggiungere un obiettivo che vogliamo di buon grado , entra in scena uno stimolo positivo (eustress) che ci mantiene concentrati, produttivi e focalizzati. Il caso più chiaro è quando dobbiamo portare a termine un compito per cui sappiamo che seguirà una ricompensa che ci interessa o piuttosto un esercizio fisico con un obiettivo molto specifico.
Oltre all'eustress ( lo stress che fa bene) Selye intercettò il distress dove il suffisso di assume un significato peggiorativo , infatti è lo stress negativo in sintesi, quello che fa male e che genera atteggiamenti mentali distruttivi.
Lo stress negativo o distress si attiva quando stimoli capaci di aumentare le secrezioni ormonali intralciano un equilibrio che sfocia nella rottura delle difese psicofisiche. La configurazione del distress è quella in cui lo stress permane, nonostante l'assenza di eventi stressanti o quando si agisce in modalità sproporzionata.
Le reazioni di ognuno di noi hanno una certa specificità cosa che dovrebbe spingerci singolarmente a riconoscere i propri campanelli d'allarme e sapere intercettare delle strategie adattive che siano sartoriali, ossia fatte su misura.
Ognuno di noi dovrà imparare a intercettare e recuperare la giusta dose di stress, quella che ci porterà ad un benessere reale, comprensivo di quella componente di eustress che può e deve far parte delle nostre vite.
Per coloro che vogliono approfondire questo argomento consiglio la lettura del libro di Mario Farnè, Lo stress, edito dalla casa editrice Il Mulino.
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